giovedì 8 agosto 2019

Il cenobio di Santa Lucia a Pietraperzia

     

Fig. 1
Prospetto del probabile cenobio di Santa Lucia con vista su Pietraperzia



      Della chiesa di Santa Lucia l'esperita si sono occupati più in particolare due studiosi locali: Fra' Dionigi Bongiovanni da Pietraperzia e Lino Guarnaccia. Il frate, vissuto nel XVIII secolo, scrive che<<in altra rilevata Collina si vede l'antichissima Chiesa di S. Lucia  Siracusana, della quale abbiamo notizia sin dall'anno 1582>> [1]. Lino Guarnaccia, in seguito a un sopralluogo del luglio 1978, pubblicò un volumetto intitolato "Appunti storici sull'ex chiesa rurale di S. Lucia in territorio di Pietraperzia (Enna)", nel quale si dà ampia descrizione dell'edificio e si mostrano alcuni affreschi [2]. Dell'edificio rurale di culto si parla anche nel saggio di Nicoletti e La Lomia viene dichiarato che la chiesa, durante il periodo normanno, era ricettacolo del rito greco; entrambi gli storici affermano che la chiesa era, ai loro tempi, quasi completamente distrutta [3]. Nicoletti, nel suo successivo saggio del 2014, specifica che la chiesa è stata adibita a privata abitazione e che gli affreschi non sono più leggibili [4], ma tace sullo stato dell'intero edificio che, in verità è ancora perfettamente eretto, come abbiamo appurato durante il nostro sopralluogo (vd. fig. 2). Non essendo riusciti ad entrare, non abbiamo potuto constatare la distruzione o la conservazione degli affreschi.
   Tra tutti, il citato saggio di Guarnaccia è davvero ben fatto ed è monografico; in esso si specifica addirittura che la chiesa <<era tenuta in custodia da eremiti che vivevano delle elemosine dei fedeli>> e che fu chiusa al pubblico nel 1855. Ma dove vivevano i monaci che accudivano un così antico edificio? In un cenobio, ovviamente.
    Saliamo sulla collina per cercare le tracce di un simile edificio di servizio alla chiesa in cui vivevano i monaci probabilmente basiliani. A circa cento metri di distanza dalla chiesa rurale rileviamo un edificio piuttosto vetusto, la cui forma attira la nostra attenzione (vd. fig. 3). In una carta tecnica storica della seconda metà dell'Ottocento, di un decennio circa successiva alla chiusura, entrambe le strutture sono segnate ma identificate erroneamente con la denominazione "Madonna" (vd. fig. 4).



Fig. 2
Chiesa di Santa Lucia vista dal probabile cenobio



Fig. 3
Vista da Google earth
Cerchio rosso chiesa Santa Lucia
Cerchio azzurro probabile cenobio



Fig. 4
Stralcio da carta tecnica storica 1862-1876
Cerchio rosso chiesa Santa Lucia
Cerchio azzurro probabile cenobio


   L'edificio, orientato nord sud, non ha elevazioni e presenta un prospetto cementificato che rivela, comunque una certa storicità e imponenza, data la presenza di due contrafforti e della banconata. A sud, si ha uno slargo davanti davanti alla struttura che è perimetrato da un muretto in gesso. Sul lato est si nota un prolungamento dell'edificio in superfetazione  (vd. figg. 5 a, b, c, d, e). 



Fig. 5 a
Ingresso lato sud del probabile cenobio, particolare 


Fig. 5 b
Ingresso lato sud del probabile cenobio, particolare


Fig. 5 c
Vista lati nord e ovest del probabile cenobio


Fig. 5 d
Vista lati nord e est del probabile cenobio


Fig. 5 e
Vista lato est in superfetazione del probabile cenobio


     All'interno, si può notare un ampio corridoio centrale con il soffitto che ricalca i due spioventi del tetto. In fondo si nota una nicchia a mo' di armadio. Ai lati si hanno quattro ingressi ad altrettante stanze o celle con finestre strette e poste in alto (vd. figg. 6 a, b, c, d). L'osservazione dell'interno della nicchia-armadio ci porta a notare l'architrave in legno piuttosto vetusto e, in basso, il livello della precedente pavimentazione, che si trovava circa quaranta centimetri sotto.  



Fig. 6 a
Corridoio interno centrale del probabile cenobio con nicchia-armadio


Fig. 6 b
Corridoio interno centrale del probabile cenobio con vista verso l'ingresso



Fig. 6 c
Una delle celle del probabile cenobio



Fig. 6 d
Una delle celle del probabile cenobio



Fig. 7 a
Particolare della trave all'interno della nicchia-armadio


Fig. 7 b
Particolare della pavimentazione originaria all'interno della nicchia-armadio



    La struttura, nell'insieme, ci suggerisce la sua appartenenza ad un'epoca se non pari a quella della chiesa rurale successiva, ma non di molto; non avendo il conforto di carte geografiche ulteriori e di documenti, l'ipotesi che essa sia stata il cenobio di servizio alla chiesa rimane da verificare. Urgono, dunque, ulteriori studi che diano al probabile cenobio il suo dovuto rilievo. Innegabile, di certo, è la spettacolarità della sua posizione dominante il paesaggio a volo d'aquila.



NOTE

[1]  P. fra' Dionigi, Relazione critico-storica della prodigiosa invenzione d'una immagine di Maria Santissima chiamata comunemente della cava di Pietrapercia, (Ripr. dell'ed. Palermo nella Stamperia della Divina Provvidenza, 1776. - In testa al front.: Pietraperzia dalle origini al 1776) trascritta da Salvatore di Lavore, presentata da Filippo Marotta, Pietraperzia, Tipolitografia Di Prima, 2004, p. 274.
[2]  Guarnaccia L., Appunti storici sull'ex chiesa rurale di S. Lucia in territorio di Pietraperzia (Enna), Pietraperzia, stampato in proprio, 1978, p. 1.
[3]  Nicoletti R., Lalomia A., Storia del territorio di Pietraperzia dalle origini agli Aragonesi, Caltanissetta, Lussografica, 1982, p. 80.
[4]  Tusa S., Nicoletti R., Il territorio di Pietraperzia dalle origini alla conquista normanna, Roma, Aracne editrice, 2014, p. 393.







Autore: Filippo Salvaggio



Ringraziamenti

Si ringraziano il signor Antonio Caffo e Salvatore Palascino per i preziosi suggerimenti e gli amici Vincenzo Spampinato e Rocco Fonti per avermi affiancato nella ricerca e nel sopralluogo effettuato in data 03/08/2019.

mercoledì 7 agosto 2019

Sulla chiesa rurale di San Giorgio


Fig. 1 a 
La fonte di San Giorgio


      La fonte principale da cui apprendiamo l'esistenza di un'antica chiesa rurale dedicata a San Giorgio è Fra' Dionigi Bongiovanni da Pietraperzia, autore di storia locale vissuto nel XVIII secolo. Nella parte in cui lo studioso tratta della storia dei normanni e della loro penetrazione nel territorio pietrino, egli sottolinea come essi nei momenti di emergenza si affidavano a "tutelari ed avvocati presso Dio", tra i quali il glorioso martire San Giorgio. Il frate continua affermando che<<è da notare, come nella contrada di "Arangitito" e più oltre, vi era nei tempi scaduti la Chiesa dedicata al glorioso campione S. Giorgi [...], il Vincitor delle Battaglie [...] più sopra dell'espressato luogo, che ora si chiama: Giorgi, e prima S. Giorgi, vi era l'altra Chiesa: e vi è memoria che nel 23 Aprile, giorno dedicato al Santo, o la Domenica immediata, facevasi gran festa con pubblico Mercato, e corsa dei Barbari: e chi sa, se forse qui l'invitto Conte nel bollore del combattimento, invocandone il di lui Avvocato se lo avesse veduto immantinente comparire, come in tante altre parti di Sicilia, e che indi gli avesse quivi più Tempj consacrato!>> [1]. Fonte bibliografica secondaria è il saggio di Nicoletti e La Lomia i quali, affermando che la chiesa della contrada "Zotti di Giurgiu" appartiene al periodo normanno, dichiarano che oggi è completamente distrutta [2]. In un suo saggio successivo, lo stesso Nicoletti scrive che la chiesa rurale di San Giorgio diede il nome alla fonte ribadendo che quest'ultima è stata costruita nella stessa epoca della chiesa, ma smentendosi in didascalia, dove afferma che l'abbeveratoio è probabilmente di epoca bizantina [3].
   Ma davvero è possibile che una chiesa venga completamente distrutta? Davvero non rimane completamente nulla di essa? Fra' Dionigi non specifica nulla in merito, con il suo "vi era"; non si può con certezza affermare che la chiesa, ai suoi tempi, fosse totalmente distrutta e neanche che vi fossero ancora delle vestigia: il frate si mantiene sul generico.
    In seguito a un sopralluogo è stato, anzitutto, possibile constatare che la fonte ai nostri giorni continua ad essere un monumento meraviglioso, ma non totalmente sfuggito alle grinfie del tempo e degli uomini (coordinate geografiche: 37.414894, 14.101794). La fonte è stata, purtroppo, prolungata con una vasca rettangolare in superfetazione (vd. figg. 1 a, b, c, d, e). La vasca originaria, erosa dal tempo, sembra aver avuto una forma esagonale ed è sormontata da un monolite (da cui sgorga l'acqua), sul quale è stato applicato del cemento (vd. fig. 2). Alle spalle di esso, esistono ancora diversi conci su cui è stata scolpita la canaletta, che un tempo portava l'acqua alla fonte (vd. fig. 3). Come si può notare dalle figure 1 c, 1 d, 1 e, l'abbeveratoio si trova sul punto di convergenza di due muri di delimitazione e contenimento piuttosto antichi. Il primo va verso la sorgente della fonte, il secondo, perpendicolare al primo, segue la trazzera per un tratto multo lungo. Entrambi suggeriscono che ci troviamo su di una strada che era frequentata ab antiquo. Meno di cento metri prima di giungere alla fonte abbiamo, del resto, lasciato un pianoro costellato di frammenti fittili di svariate epoche e sormontato da un edificio rurale all'apparenza modesto e anonimo, ma che nasconde un interessante arco ogivale, coordinate geografiche 37.416374, 14.103623 (vd. figg. 5 a, b, c, d, e). Una mappa del XIX secolo [4] la denomina "C. Tortorice", cioè casa Tortorice (vd. fig. 6). Non è, ovviamente, da escludere la possibilità che la casa rurale osservata sia stata costruita sui resti della chiesa di San Giorgio. Ad ogni buon conto, l'attuale orientamento nord-sud non ci convince. Proseguiamo, indi, lunga la strada, dopo aver perlustrato la zona e lasciato sulla sinistra la fonte e alle spalle Pietraperzia.  Giungiamo a monte, come indicato da fra' Dionigi <<più sopra dell'espressato luogo>>, cioè della fonte di San Giorgio. Molto probabilmente lo storico locale scriveva da Pietraperzia e con la mente andava in ordine: prima la fonte e, più sopra, la chiesa. La già citata mappa del XIX secolo segna, del resto, l'esistenza di un altro edificio: la casa ex proprietà della famiglia Lo Giudice e attuale proprietà Di Lavore.
     Fra' Dionigi ipotizzò che la chiesa fosse stata costruita sul luogo della battaglia in cui si scontrarono gli eserciti arabo e normanno. Magari tale ipotesi è stata suggerita dal luogo in cui si erge l'edificio indiziato, che raggiungiamo al termine della lieve salita, culminante in un pianoro sterrato più o meno ampio. Ci troviamo in contrada Crapara, "più oltre", cioè al di là della contrada Rancitito, come indicato dal frate e la vista sulla valle dell'Imera è, a dir poco, a volo d'aquila. La probabile chiesa è poggiata su di un piano che ben si presta a fiere o a palii e che si affaccia su di un costone costellato di "ìgnari" (rocce da crollo usata come base per cumulare pietrame), che ben potevano fungere da torrette per gli arabi che attendevano i normanni provenienti dalla valle per un'imboscata (vd. figg. 7 a, b, c). Lo scopo era probabilmente quello di bloccarli o contenerli prima di farli arrivare al varco (vicino alle dirute case Potenza) oltre il quale si apriva la vista della cittadina di Pietraperzia. Non è improbabile che lo scontro più duro avvenne proprio dove fu costruita la chiesa: chissà quanti soldati morirono in questo punto di impatto finale tra i due eserciti! L'edificio sembra interrompere la strada che prosegue a valle con lieve inclinazione, lasciandosi a destra il cozzo con il phrourion di Tornambè e il declinante costone detto "Codata della volpe". Tusa e Nicoletti riferiscono di aver trovato tracce dell'antica strada, contenenti solchi lasciati dai carri e il solito muretto di contenimento e cinta [5]. Il silenzio attuale perdura sulla vasta valle, creando un'atmosfera in cui vale comunque la pena di immergersi. 
    Ma concentriamoci sulla casa Lo Giudice-Di Lavore (coordinate geografiche: 37.413437, 14.100324). Si tratta di un caseggiato centrale orientato est-ovest (12 metri di lunghezza per 7 di larghezza circa) e affiancato a sud da una sorta di casa di servizio e a ovest da una stalla-magazzino distanziata da una stradina (vd. figg. 8 a, b, c, d, e, f). L'accogliente proprietario ci riferisce di essere consapevole che la casa precedentemente era una chiesa e poi anche una scuola rurale: gli è stato detto. In uno degli ambienti con volta a botte troviamo graffiti dei "tally marks" tracciati dai carcerati per contare i giorni di prigionia. L'enigmatica costruzione rurale fu, dunque, usata anche come carcere? Oppure potrebbero essere delle semplici tracce per la contabilità di magazzinaggio. Un prigioniero o chissà chi, in particolare, ha addirittura graffito una data (1864) e, più di una volta e con sempre maggiore definizione, la facciata di una chiesa gotica, che richiama il duomo di Orvieto (vd. figg. 8 a, b, c, d, e). Un vero giallo storico che potrebbe essere legato alle complesse vicende del neonato regno d'Italia, oggi indagate da un certo revisionismo.
    La casa ha subito diverse modifiche. Presumibilmente a partire dai ruderi della chiesa normanna è stato costruito un primo edificio a pian terreno. Successivamente, l'interno è stato diviso ulteriormente in diverse sezioni e, in altri interventi è stato costruito il primo piano accessibile con tre scale esterne. Altri locali di servizio sono, infine, stati aggiunti molto recentemente (vd. figg. 10 a, b, c, d, e, f) . Ciò che rimane dell'antica chiesa sarà almeno il perimetro e sarà stato coperto. Possibile traccia di un passato in cui vi erano dei festeggiamenti pubblici (fiere, palii) è costituita dalla presenza di due forni in pietra antichissimi, simili e non lontani tra loro: uno all'interno del locale di servizio posto a sud e l'altro all'esterno di esso (vd. figg. 11 a, b).
       La suggestione che emana la poesia del luogo incontaminato, atavico è, al di là di tutto da provare. Tutto il circondario macchiato qua e là di alberi di pistacchio (non a caso la vallata è detta "Fastuchera"), gronda di Storia millenaria. Una miniera, diversi villaggetti antichi tra cui quello eneolitico della vicina Tornambé e, non ultime, le tombe a camera (di cui una di cultura Thapsiana) e a grotticella disseminate costituiscono un patrimonio da conoscere, valorizzare, fruire. Non dimentichiamoci, infine, della vicina  presenza di una capanna molto grande, forse quella del capo del villaggio [6] in parte scavata nella roccia, in parte costruita con mura a emplecton con doppia faccia a vista e in parte rimaneggiata successivamente per adibirla a ricovero degli ovini, data la presenza di una mangiatoia (vd. figg. 12 a b).
        Il tempo può anche cancellare ogni cosa, ma difficilmente e spesso non totalmente, come vorrebbe fare un assassino con le tracce del delitto. Qualcosa rimarrà sempre. Ecco perché i nostri sopralluoghi in tutta l'area che circonda la fonte di San Giorgio, le cui esagonali sponde sono state levigate da innumerevoli tocchi di animali e uomini e rimandano anche ad antichi culti lustrali, hanno rovistato alla ricerca di altre possibili tracce. Per adesso, ci basta questo spettacolo di terra che invitiamo ulteriormente a indagare. 
      



Fig. 1 b
La fonte di San Giorgio, vista laterale



Fig. 1 c
La fonte di San Giorgio, vista frontale



Fig. 1 d 
La fonte di San Giorgio



Fig. 1 e 
La fonte di San Giorgio vista dall'alto



Fig. 2 
Monolite della fonte di San Giorgio, da cui sgorgano le acque



Fig. 3
Conci della fonte di San Giorgio scavati a formare una canaletta



Fig. 4 a
Fonte di San Giorgio e muro di cinta



Fig. 4 b
Fonte di San Giorgio, particolare del muro di cinta



Fig. 5 a
Vista da Google earth della contrada "Zotti di Giurgi"
Cerchio in azzurro: fonte di San Giorgio.
Cerchio in rosso: casa Tortorice sorta su antiche tracce di abitato.




Fig. 5 B
Casa Tortorice, lati sud ed est


Fig. 5 c
Casa Tortorice, lati sud ed ovest





Fig. 5 d
Casa Tortorice,  interno, arco a sesto acuto



Fig. 5 e
Casa Tortorice,  interno, arco a sesto acuto e ambiente con volta a crociera



Fig. 6
Mappa del XIX sec. con la denominazione di Casa Tortorice



Fig. 7 a
Vista da Google earth della contrada "Zotti di Giurgi", Crapara.
Cerchio in azzurro: fonte di San Giorgio.
Cerchio in rosso: casa Lo Giudice-Di Lavore.



Fig. 7 b
Vista da Google earth della contrada "Zotti di Giurgi", Crapara.
Freccia rossa: casa Lo Giudice-Di Lavore.
Freccia nera: magazzino-ovile semidiruto.
Cerchio in azzurro: antichissima abitazione volgarizzata in ovile.




Fig. 7 c
La valle dell'Himera, in cui è immerso il caseggiato, costellata da "ìgnari", spuntoni di roccia


Fig. 8 a
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  esterno, lato nord con scale esterne per accedere a due separate abitazioni al primo piano in superfetazione.



Fig. 8 b
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  esterno, lato ovest dove si notano le linee degli spioventi del piano terra originario e quelle del primo piano in superfetazione.


Fig. 8 c
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  esterno, lato ovest, parato murario del piano terra originario.


Fig. 8 d
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  esterno, lato est dove si notano le linee degli spioventi del piano terra originario e quelle del primo piano in superfetazione oltre i due ingressi ai due ambienti con volta a botte di cui uno (quello a sinistra aperto) fu adibito a carcere. Si può altresì osservare l'ambiente di servizio costruito a sud e separato da una scala esterna in superfetazione.



Fig. 8 e
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  esterno, lato sud, scala esterna in superfetazione.


Fig. 9 f
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  esterno, lato sud, ambiente di servizio con antico forno collocato esternamente.



Fig. 9 a
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  interno, stanza adibita a carcere con graffiti



Fig. 9 b
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  interno, graffito n. 1 con abbozzo di campanili


Fig. 9 c
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  interno, graffito n. 2 raffigurante la facciata di una chiesa gotica


Fig. 9 d
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  interno, graffito n. 3 raffigurante la facciata di una chiesa gotica



Fig. 9 e
Casa Lo Giudice-Di Lavore,  interno, data 1864 graffita



Fig. 10 a
Casa Lo Giudice-Di Lavore, interno con volta a botte uguale e parallelo all'ambiente adibito a carcere



Fig. 10 b
Casa Lo Giudice-Di Lavore, interno con tracce di muri preesistenti


Fig. 10 c
Casa Lo Giudice,  parato murario interno


Fig. 10 d
Casa Lo Giudice-Di Lavore, interno con tracce di muri preesistenti


Fig. 10 e
Casa Lo Giudice-Di Lavore, primo piano diruto e visto dal basso



Fig. 10 f
Casa Lo Giudice-Di Lavore, primo piano diruto e visto dal basso


Fig. 11 a
Casa Lo Giudice-Di Lavore, interno, parete est del locale di servizio, tracce di un antico forno o "tannùra", cucina a legna


Fig. 11 b
Casa Lo Giudice-Di Lavore, esterno, parete sud del locale di servizio, tracce di un antico forno



Fig. 12 a
Capanna probabile del capo villaggio nei pressi della casa Lo Giudice-Di Lavore, vista dall'alto



Fig. 12 b
Probabile capanna del capo villaggio nei pressi della casa Lo Giudice-Di Lavore, ingresso






NOTE

[1]  P. fra' Dionigi, Relazione critico-storica della prodigiosa invenzione d'una immagine di Maria Santissima chiamata comunemente della cava di Pietrapercia, (Ripr. dell'ed. Palermo nella Stamperia della Divina Provvidenza, 1776. - In testa al front.: Pietraperzia dalle origini al 1776) trascritta da Salvatore di Lavore, presentata da Filippo Marotta, Pietraperzia, Tipolitografia Di Prima, 2004, pp. 132-133.
[2]  Nicoletti R., Lalomia A., Storia del territorio di Pietraperzia dalle origini agli Aragonesi, Caltanissetta, Lussografica, 1982, p. 81.
[3]  Tusa S., Nicoletti R., Il territorio di Pietraperzia dalle origini alla conquista normanna, Roma, Aracne editrice, 2014, pp. 392-393.
[4] La mappa si trova al seguente link: https://mapire.eu/en/map/europe-19century-secondsurvey/?bbox=1564766.2925971802%2C4493754.390799734%2C1577655.4864917682%2C4497576.242213993&layers=158%2C164.
[5] Tusa S., Nicoletti R., op. cit., pag. 326.
[6] Ivi, pagg. 324-325. Nella figura 7 b si può osservare la collocazione della capanna, segnata con un cerchio azzurro.





Autore: Filippo Salvaggio



Ringraziamenti

Si ringrazia il signor Antonio Caffo per i preziosi suggerimenti e il sig. Rocco Fonti, presente durante il sopralluogo effettuato in data 05/08/2019, per la sua ottima capacità di ricostruire il passato dalle vestigia, per la sua indomita voglia di esplorare, nonché per la disponibilità e l'aiuto.
Particolare riconoscenza è dovuta al sig. Vincenzo Di Lavore, al maestro Roberto Caputo e al figlio Davide. Un ringraziamento va anche al prof. Michele Buccheri, stimato e appassionato collega, e al prof. Enrico Tummino per la sua spinta al cosiddetto "beneficio del dubbio".