Pietraperzia, monumenti dimenticati
venerdì 26 aprile 2024
Sull'antica e inedita chiesa rurale di Santa Lucia a Pietraperzia e sulle ipotesi di collocazione delle chiese di San Teodoro e della Madonna del Monserrato
domenica 24 aprile 2022
Sul lungo lastricato delle contrade Arcieri e Galati, probabile tratto dell'Itinerarium Antonini
lunedì 8 febbraio 2021
Alla ricerca della chiesa normanna di San Teodoro in agro pietrino
Dopo aver scritto sulla chiesa rurale di San Giorgio, padre Dionigi Bongiovanni da Pietraperzia, da buon erudito e storico locale del XVIII secolo, passa in rassegna una seconda chiesa sempre in contrada Rancitito e costruita dai Normanni: la chiesa di San Teodoro. Riportiamo le sue parole: <<qualmente nel divisato luogo d'Arangitito fuvvi la Chiesa, fabbricata da' Normanni a S. Teodoro in contrassegno dei ricevuti benefizi dal Santo (forse quivi) [...] adesso la chiesa è diroccata, e mostra con silenzio loquace la propria antichità, rimanendone al sito (sin oggi) il nome di Santu Tòdaru>> [1].
Intuiamo, anzitutto, che la contrada Rancitito all'epoca del frate non era ancora frammentata in sottocontrade come risulta oggi e dalle mappe successive; era probabilmente divisa in due da quelle che ancora oggi si chiamano Serre di Mezzo. A nord ovest di esse, campeggia il monte Cane con le sue pendici che si allungano fino all'Himera, nominandosi Crapara, Fastuchera, Tornambè, Coda di Volpe. A sud est, vi è la contrada cosiddetta del Vallone dell'Oro, confinante con il sito archeologico di Pietra dell'Uomo. Dopo aver indiziato la presenza della chiesa di San Giorgio nella zona Crapara-Zotti di Giurgi, attenzioniamo la parte sud est dell'antica contrada di Rancitito divisa, come detto, dalle Serre di Mezzo, che comprende anche quella porzione di terra che tutt'ora si chiama propriamente Rancitito e che corrisponde con le terre a sud del cimitero pietrino oltre la vallata. Qui, alle spalle dell'attuale oleificio Palascino, si trova un antico caseggiato ex proprietà del Barone Ottavio De Lollis (ex marito dell'attrice Sandra Milo) e attuale proprietà Viola che, a quanto pare, ingloba una chiesa rurale (coordinate geografiche: 37.410807, 14.118631). Al momento, non siamo riusciti a fare un sopralluogo per poter appurare quanto indiziato, ma sarebbe auspicabile poter calcare la terra pianeggiante e fertilissima, in cui ricade un antico giardino arabo (vd. fig. 1). Nel complesso del caseggiato non si scorge, per adesso, una costruzione con orientamento est-ovest, ma si può apprezzare all'imbocco della stradina sterrata con la strada statale un altarino, forse settecentesco, che a ragion veduta doveva segnalare la presenza di un luogo di culto, per cui i passanti dovevano mantenere il dovuto contegno rispettoso (vd. fig. 2). Fra Dionigi, ad ogni buon conto, scrive della presenza in agro pietrino di un'altra chiesa non ancora individuata: la chiesa di Sant'Andrea del Pioppo che, ai suoi tempi, apparteneva al Barone Costa, il quale l'aveva da poco restaurata [2]. Nell'altarino sopra citato si può notare la traccia di uno scudo araldico: che sia stato lo scudo del barone Costa?
Perlustrata questa porzione della contrada Rancitito, ci concentriamo sul territorio ricadente a sud est. Una mappa del XIX secolo segna la dicitura "Vallone d'oro". Ai tempi di padre Dionigi Bongiovanni, come lui testimonia, il sito dove sorgeva la chiesa era chiamato: San Teodoro. Che fine ha fatto il toponimo? Sarà totalmente sparito? Se si pronuncia, però, il nome del vallone in dialetto, si potrebbe ipotizzare di no: il toponimo non è sparito del tutto. "Di l'oru", detto in dialetto potrebbe essere la storpiatura di "Tidòru": la "T", consonante occlusiva dentale sorda si sarebbe sonorizzata in "D" e la "D" in posizione mediana e intervocalica si sarebbe dissimulata in "L" consonante liquida che avrebbe agevolato la pronuncia. Nell'arco di un chilometro a monte del Vallone d'oro, concentriamo dunque le ricerche. Partiamo da dove c'è una forte presenza di acqua: la fonte del piano. Vicino ad essa è segnata in mappa la Casa De Biasi. Il caseggiato non è orientato est-ovest e scartiamo (ovviamente non del tutto) l'ipotesi che la chiesa di San Teodoro sia stata inglobata in esso, anche se ci viene suggerito che vi è la presenza di una chiesetta, forse una cappella privata.
Allarghiamo le ricerche e attraversiamo il ricchissimo sito di Pietra dell'Uomo, una cittadina un tempo fiorente, specialmente in età romana. Poco al di sotto, a sormontare il Vallone d'oro vi è il Cozzo della fontana del Piano. In esso, campeggia una misteriosa torre esagonale, oggetto di ritrovamento, nel 2018 da parte del sig. Daniele Cigna e del prof. Enrico Tummino (coordinate geografiche: 37.385200, 14.121308) [3]. La figura geometrica dell'esagono ci richiama subito alla mente la forma della fontana di San Giorgio. Dovremmo essere a un passo dalla probabile chiesa di San Teodoro... A circa cento metri più a valle, ci viene detto che vi era una chiesetta, ormai ridotta a poche macerie (coordinate geografiche: 37.383954, 14.119819; vd. fig. 3). Anni fa, vi erano ancora l'altare, degli stucchi e degli affreschi: che sia l'antica chiesa di San Teodoro, santo celerato dalla Chiesa il 7 febbraio? Si può, comunque, notare che nei pressi vi è un antico pozzo a cuba, ancora funzionante e ben conservato. In mappa, ad ogni buon conto, vi è segnato un edificio orientato est-ovest (vd. fig. 4).
Se era quello il punto in cui i Normanni scelsero di erigere il luogo di culto si può, per di più, evincere che anche in quei luoghi vi fu uno scontro tra gli eserciti arabo e normanno. Quest'ultimo, giungendo dalla valle dell'Himera, per prendere d'assedio Pietraperzia si era probabilmente e strategicamente diviso in due. Due erano, d'altronde, i principali punti di guado del fiume Himera a sud ovest di Pietraperzia: il passaggio della regione Zubia e il passaggio della regione Crapara-Monte Grande. A partire dai due punti di guado, una parte di esercito puntava a giungere al paese scendendo dalla collina del telegrafo, l'altra parte dalla zona del Seggiu o Barbacane.
Questo breve articolo-saggio non ha la pretesa di aver trovato verità assolute, ma di fungere da punto di partenza per un dibattito culturale, che movimenti una nuova ondata di valorizzazione del territorio, a partire da chi, oggi, si trova ad essere il fortunato possessore di un patrimonio inestimabile. Seguiranno ulteriori sopralluoghi, escursioni e sondaggi, spero non solo da parte dello scrivente.
Stralcio da Google maps. Torre esagonale (freccia azzurra) e cumulo di macerie della probabile chiesa di San Teodoro (freccia rossa). Con la freccia nera è indicato l'antico pozzo a cuba.
lunedì 4 novembre 2019
Sulla chiesa rurale della Madonna dell'Olivo o del Lume
Il culto della Madonna del Lume, presente anche a Barrafranca, in quanto nella chiesa di Maria SS. della Stella è custodita una tela riferita a tale titolo, ebbe origine a Palermo nel 1722 da una visone di una veggente (vd. fig. 0). Il 6 febbraio 1738, papa Clemente XII autorizzò il Culto a Maria SS. del Lume, stabilì la data della festa nella seconda domenica di settembre e concesse l'indulgenza plenaria a chi presenziava la messa in tale occasione. Il 1738, dunque, è considerabile un termine temporale non ante quem, utile alla datazione della chiesa rurale pietrina.
Non sarà, comunque, stato un caso la fondazione di una chiesa dedicata proprio a questo titolo mariano e in contrada Oliva: ancora oggi quel territorio è pieno di uliveti di gran pregio e secolari. La contrada, per di più, è adiacente a quella denominata "Lucu", dove vi sono state delle ricognizioni per catalogarne la necropoli appartenente alla cultura micenea con tombe circolari [3]. Un luogo che doveva essere, quindi, sede del "lucus", bosco sacro. Interessante è anche il legame semantico Lume-Olivo: l'olio era usato per le lanterne e simboleggiava la veggenza e la saggezza. Potrebbe, comunque, essere probabile che la chiesetta fu edificata dai signori che possedevano il sottostante casale.
Ad ogni buon conto, si auspica la dovuta messa in sicurezza contro futuri crolli e la valorizzazione di questo gioiello che si aggiunge nuovamente al già notevole patrimonio artistico, storico, religioso e monumentale pietrino.
Il culto della Madonna del Lume in Sicilia è molto diffuso grazie ai Gesuiti [4], anche nell'entroterra come testimonia la presenza di due tele a Mazzarino (vd. figg. 10 e 11), attualmente conservate presso il museo di arte del sacra del Centro culturale “Carlo Maria Carafa” all'interno dell'ex Collegio dei Gesuiti e nella chiesa di Santa Lucia. Il culto ha avuto diffusione mondiale in Spagna, in Messico, in California ecc... [5] A Palermo, centro diffusore, si ha una confraternita e si festeggia, anche con processioni, l'ultima domenica di luglio.
[3] Tusa S., Nicoletti R., Il territorio di Pietraperzia dalle origini alla conquista normanna, Roma, Aracne editrice, 2014, pp. 339-341.
[4] Si veda il seguente sito per approfondimenti teologici e per consultare delle preghiere rivolte alla Madonna del Lume: https://stellaitblog.blogspot.com/2014/09/maria-ss-del-lume.html