venerdì 26 aprile 2024

Sull'antica e inedita chiesa rurale di Santa Lucia a Pietraperzia e sulle ipotesi di collocazione delle chiese di San Teodoro e della Madonna del Monserrato

 

Fig. 1
La chiesa rurale di Santa Lucia vista da sud.


    Della chiesa rurale di Santa Lucia (vd. fig. 1. Coordinate geografiche: 37°24'35.9"N 14°09'31.1"E), che in questo articolo facciamo emergere per la prima volta dopo secoli, si hanno notizie nella pubblicazione di Fra Dionigi da Pietraperzia e in un libricino di appunti pubblicato da Lino Guarnaccia [1]. Il primo scrisse nel Settecento e citò la chiesa tra quelle ancora aperte al pubblico. Il secondo scrisse nel 1978 e, per localizzare la chiesa rurale, fece riferimento e fede a delle persone, che lo accompagnarono a visitarla. Padre Dionigi scrisse che: <<Men distante di 500 passi da levante, e scirocco in altra rilevata collina (non, dunque, sulla collina accanto n.d.r.) si vede l'antichissima chiesa di Santa Lucia Siracusana, della quale abbiamo notizia sin dall'anno 1582>>. La collina di cui lo storico aveva precedentemente parlato era quella chiamata di Tabita e si trovava <<dirimpetto al paese del meriggio>>; tale collina ospitava la chiesa di Maria SS. di Monserrato, detta volgarmente delle Serre. Nella mappa seicentesca di Von Schmettau, ai fini della localizzazione, troviamo una torre detta "di Tabita" (vd. fig. 2).
   Dopo aver provato a dare una collocazione alla chiesa della Madonna delle Serre, torniamo a cercare la chiesa di Santa Lucia. Un altro indizio lo offrì Padre Dionigi il quale, nel descrivere il luogo dove si trovava la chiesa della Madonna del Lume, affermò che <<Finalmente lontana dal paese poco men che di altrettanti passi dall'Oriente, abbiamo in un luogo detto dell'Oliva, la chiesa di Maria SS. sotto il tit. dello Lume>> [2]. Per "poco men che di altrettanti passi" si intende poco meno di altri cinquecento passi; altri rispetto a quelli già citati che servivano a misurare la distanza dal paese alla chiesa di Santa Lucia. A questo punto, dobbiamo considerare che per lo storico pietrino la chiesa della Madonna del Lume è a mille passi da Pietraperzia; anche tramutandoli in passi romani, sarebbe all'incirca a un chilometro e mezzo: pochi rispetto a quelli reali. Fra Dionigi non era, di fatto, un geometra e scriveva piuttosto per dimostrare la devozione del popolo e non per chissà  quale teorema geometrico. Ad ogni buon conto, la chiesetta che descrive Lino Guarnaccia (coordinate geografiche: 37°24'48.3"N 14°08'52.3"E), volendo fare una proporzione e volendo seguire le misure dello storico, è troppo vicina a Pietraperzia rispetto alla Madonna del Lume. La chiesa di Santa Lucia doveva essere un po' più in là. Ma quale chiesa rurale ha descritto Lino Guarnaccia, pensando che si trattasse di Santa Lucia? L'equivoco molto probabilmente si ebbe in quanto la contrada era, ed è, in modo generico denominata "Santa Lucia".  Vi sono, del resto, pochi dubbi nell'intuire che lo storico Guarnaccia vide una chiesetta normanna, data la pianta quadrata, dati gli archi a sesto acuto e dati gli affreschi fotografati, tra cui campeggia sopra figure ieratiche di santi un Cristo Pantocratore, che osserveremo meglio più avanti. Quante chiese normanne c'erano a Pietraperzia? Secondo Fra Dionigi due: San Giorgio e San Teodoro. La prima si trovava nelle "Zotte di "Giurgi"; la seconda si trovava in contrada Rancitito nella località che si chiamava "San Teodoro" all'epoca di Dionigi [3]. Con il dubbio che la chiesa di San Teodoro fosse quella descritta da Lino Guarnaccia che, d'altronde, si trova a monte del Vallone dell'Oro (Di l'oru in dialetto potrebbe essere la forma storpiata di Tidoru) e non distante da quella che oggi i pietrini chiamano contrada Rancitito (che in passato avrebbe potuto avere un'estensione maggiore). Non è, per di più, improbabile che la parte di contrada Rancitito che ricevette il nome di San Teodoro non fu più recepita come appartenente a Rancitito. Ma ritorniamo al brano di affresco dove campeggia quello che Guarnaccia definì "Cristo pantocratore". Un'osservazione più attenta ci porta invece ad affermare che si tratta piuttosto della figura di un santo (si notino i capelli corti e non lunghi e tipici del Cristo): San Teodoro Trichinas? Non possiamo avere certezze, ma possiamo osservare delle tracce di figure di demoni ai lati del santo: pareidolia? Non sappiamo, ma ricordiamo che San Teodoro Trichinas era un eremita che scacciava i demoni ed era raffigurato assieme ad essi (vd. figg. 3a, 3b e 3c). Ciò che, comunque, rimane della chiesa di Santa Lucia (o San Teodoro?) descritta da Guarnaccia è stato inglobato tra le mura di una masseria ottocentesca, si trova in una terra dove vi è spargimento di frammenti di vasellame (forse bizantini) ed è a pochissima distanza da un caseggiato (coordinate geografiche: 37°24'45.4"N 14°08'51.9"E), che ha tutta l'aria di essere stato un piccolo convento: forse era la batìa di cui parlava Fra Dionigi quando scrisse sulla Madonna delle Serre? [4]. 
    Ma cerchiamo meglio nelle carte geografiche antiche a nostra attuale disposizione. Nella mappa di Von Schmettau, si nota che tra la torre di Tabita (collina dove effettivamente ci sono i resti di una torre antica, coordinate geografiche 37°24'43.2"N 14°08'12.9"E, e dove probabilmente c'era la chiesa della Madonna del Monserrato) e la chiesa di Santa Lucia c'è una certa distanza. Se consultiamo la mappa catastale del 1862-1876 (vd. fig. 4), possiamo osservare con più precisione che sulla collina Tabita è segnato il Telegrafo (e i dati corrispondono, nel senso che la torre è stata utilizzata per far funzionare il telegrafo); sulla collina dove Guarnaccia ha collocato la chiesa di Santa Lucia vi è segnata la dicitura "Mad.nna" ossia Madonna;  su un'altra collina, posta sull'altro lato della strada che porta al santuario della Madonna della Cava, si ha la chiesa di Santa Lucia. Tale strada è stata modificata, come abbiamo direttamente verificato, osservando le permanenti tracce dell'antica trazzera, che prima passava sotto e vicino alla chiesa, ora passa sopra, seguendo la curva di livello. Ritroviamo la stessa strada in un'altra mappa dell'Ottocento (vd. fig. 5) e osserviamo che anche in questa mappa passa sotto la chiesa rurale in questione. Troviamo la chiesa contrassegnata con il numero romano XLI che nella legenda (vd. fig. 6) corrisponde alla dicitura "Contrada Magazzinazzo e Santa Lucia". 
    Ci mettiamo, dunque, alla ricerca della chiesa rurale perduta e, seguendo le tre mappe citate e le indicazioni di Fra Dionigi, giungiamo in una costruzione orientata est ovest, larga circa 8 metri e lunga 20 metri. Accanto all'edificio che, osservato da dietro, ha tutta l'aria di essere stata una chiesa, scorgiamo quella che potrebbe essere stata un'antica acquasantiera, usata come fioriera in quanto danneggiata e irriconoscibile se non agli occhi di un esperto. La parte frontale è stata rimaneggiata in seguito a un crollo. Stessa cosa dicasi per il lato sud e per l'interno, dove si conservava una tela secentesca avente per soggetto un'adorazione dei pastori (vd. fig. 7). La tela si trovava in un altare ricavato da una nicchia al primo piano, nel quale vi sono probabilmente conservate delle reliquie. A livello iconografico, è possibile notare come tale soggetto sia stato trattato in modo particolare: la figura della madonna si stanzia al centro e fa un gesto con la mano come a voler indicare o mostrare il bambino Gesù. Un gesto simile non lo troviamo in altre adorazioni dei pastori, dove le mani di Maria sono giunte o assumono un'altra posa; lo si riscontra piuttosto nelle classiche icone della Madonna di San Luca (cui faceva cenno Fra Dionigi), nelle quali Maria ci concede la visione del proprio figlio, facendoci da tramite per delle grazie. Non è improbabile che la tela sia proprio quella di cui scrisse Fra Dionigi, definendola l'Esperta. La contrada oggi viene erroneamente denominato "Don Cola". La contrada Don Cola nella mappa dell'Ottocento (vd. fig. 4) si trova poco distante e a ovest ed è contrassegnata con il numero XLII e denominata "Contrada de Pirito e di Cola". Il luogo in cui sorge la chiesa rurale in passato era molto frequentato; lo si intuisce per la presenza di un antico abbeveratoio (vd. fig. 8) e di due pilastri con dei bassorilievi che raffigurano due guardiani con cintura a cordone e cappello lungo a calza: uno fa cenno di sguainare la spada, l'altro intima il silenzio con l'indice sulle labbra (vd. figg. 9 e 10). Tali opere forse erano collocate altrove, ma in quanto apotropaiche si potrebbe ipotizzare che servivano per rendere l'area protetta e sacra.
    Rimane, comunque, il fatto che la chiesa, definita da Guarnaccia come di Santa Lucia, nella mappa ottocentesca (che risulta più precisa e più leggibile) sia invece denominata "Madonna". Si trattava forse della Madonna delle Serre? In tale ipotesi, la chiesa del colle Tabita quale denominazione aveva? Oppure: è mai esistita una chiesa sul colle Tabita? O, comunque: la chiesa sul colle Tabita era quella di San Teodoro? In questa direzione di vedute, si può sottolinerare che nella mappa catastale del 1862-1876 (vd. fig. 3) la contrada Rancitito è segnata sulla costa del colle Tabita, anch'esso collocato a monte del Vallone dell'Oro di cui si è scritto sopra. In tutte queste ipotesi, l'unica certezza è che la chiesa rurale di Santa Lucia si trova in quella che oggi erroneamente chiamano contrada Don Cola ed è stata ben segnata nelle mappe, che finora si hanno a disposizione; compresa quella pubblicata da Guarnaccia, nella quale la denominazione "Santa Lucia" è inserita sopra la chiesa da lui visitata e poco sotto l'icona della chiesa che nelle mappe è denominata "Santa Lucia" (vd. fig. 11).
    Va, per di più, ricordato che come afferma Guarnaccia la chiesa fu chiusa al pubblico assieme a quella del Monserrato nel 1854. Dopo quella data, la chiesa passò alle mani della famiglia Grimaldi, che la modificò, adibendola a palmento (si comprende che il vigneto di cui si ha traccia nel documento storico menzionato da Fra Dionigi, non è stato mai tralasciato. Si noti pure che la contrada adiacente è denominata "Vignagrande"). Internamente, ad ogni buon conto, si può leggere una data sulla volta: 1763. Accanto alla chiesa, si possono notare i resti di un probabile cenobio o di locali di servizio.
    Si deve, infine, precisare che il culto di Santa Lucia a Pietraperzia perdura: la statua della martire siracusana è portata ogni anno in processione il 13 dicembre. Ma la chiesa che ospita tale culto è quella dello Spirito Santo. 

Fig. 2
Stralcio della mappa di Von Schmettau (1719-1721)

Fig. 3 a
Brano di affresco della chiesa normanna erroneamente denominata di Santa Lucia. Figura di santo da definire (non si tratta di un Cristo Pantocratore)

Fig. 3 b
Brano di affresco della chiesa normanna erroneamente denominata di Santa Lucia. Particolare di un demone (o pareidolia?) a sx del santo.



Fig. 3 c
Brano di affresco della chiesa normanna erroneamente denominata di Santa Lucia. Particolare di un demone (o pareidolia?) a dx del santo.


Fig. 4
Stralcio della mappa catastale del 1862-1876. Freccia rossa: Santa Lucia; freccia azzurra: Madonna e, poco più sotto, il probabile convento; cerchio verde: il telegrafo di colle Tabita, accanto è segnata un'abitazione: forse la chiesa distrutta negli anni Sessanta; puntini gialli: la curva di livello che ospita l'attuale strada Magazzinazzo Santa Lucia.

Fig. 5
Stralcio della mappa del 1830 del territorio di Pietraperzia, pubblicata in A. Casamento, La Sicilia dell'Ottocento, Palermo, Edizioni Giada, 1986 pagg. 164-165. Cerchio viola: Madonna della Cava; lineetta gialla: Santa Lucia; puntini gialli: strada Magazzinazzo - Santa Lucia; lineetta rosa: San Giovanni; lineetta arancione: contrada de Pirito e di Cola; lineetta azzurra: contrada delli Runzi e Vignagrande. 

Fig. 6
Legenda della mappa del 1830 del territorio di Pietraperzia, pubblicata in A. Casamento, La Sicilia dell'Ottocento, Palermo, Edizioni Giada, 1986 pag. 165.

Fig. 7
Tela secentesca, raffigurante un'adorazione dei pastori, un tempo conservata nella chiesa rurale di Santa Lucia. Potrebbe trattarsi di Maria SS.ma dell'Esperta di cui scrisse Fra Dionigi.

Fig. 8
Abbeveratoio antico a valle della chiesa rural di Santa Lucia

Fig. 9
Guardiano apotropaico, in pietra arenaria, con berretto lungo a calza che sguaina una spada

Fig. 10
Guardiano apotropaico, in pietra arenaria, con berretto lungo a calza che intima il silenzio


Fig. 11
Mappa pubblicata da Lino Guarnaccia. Freccia gialla: la chiesa di Santa Lucia individuata in questo saggio; freccia rossa: la chiesa descritta da Lino Guarnaccia. Cerchio verde: colle Tabita sul quale non si notano scritture o numeri, ma è segnato un edificio, forse una chiesa? Evidenziata con dei puntini gialli: la strada di contrada Magazzinazzo - Santa Lucia che dalla Cava porta all'incrocio sopra contrada Madunnuzza.


Note

[1] P. fra' Dionigi, Relazione critico-storica della prodigiosa invenzione d'una immagine di Maria Santissima chiamata comunemente della cava di Pietrapercia, (Ripr. dell'ed. Palermo nella Stamperia della Divina Provvidenza, 1776. - In testa al front.: Pietraperzia dalle origini al 1776) trascritta da Salvatore di Lavore, presentata da Filippo Marotta, Pietraperzia, Tipolitografia Di Prima, 2004, pp. 128 e 274.
L. Guarnaccia, Appunti storici sull'ex chiesa rurale di S. Lucia in territorio di Pietraperzia (Enna), volumetto stampato in proprio nel luglio 1978.
[2] Sulla chiesa della Madonna del Lume vedasi un altro articolo del presente blog al seguente link: https://antichimonumentipietrini.blogspot.com/2019/11/sulla-chiesa-rurale-della-madonna.html.
[3] Vedasi l'articolo al seguente link, nel quale si va pure alla ricerca della chiesetta di San Teodoro: https://antichimonumentipietrini.blogspot.com/2021/02/alla-ricerca-della-chiesa-normanna-di.html.
[4] Sulla probabile convento della chiesa erroneamente denominata si Santa Lucia vedasi un altro articolo del presente blog al seguente link: https://antichimonumentipietrini.blogspot.com/2019/08/il-cenobio-di-santa-lucia-pietraperzia.html.






Autore:
Filippo Salvaggio



Ringraziamenti

Questo studio è stato possibile grazie all'aiuto di Carmelo e Roberto Bauccio, rispettivamente padre e figlio, e dell'amico Rocco Fonti. Le foto n. 1, 7 e 8 sono di Roberto Bauccio. Le foto 3a, 3b e 3c sono di Rocco Fonti.